|
CANTICO DEI DROGATI
Ho licenziato Dio gettato via un amore per costruirmi il vuoto nell'anima e nel cuore.
Le parole
che dico non han più forma né accento si trasformano i suoni in un sordo lamento.
Mentre fra gli altri nudi io striscio verso un fuoco che illumina i fantasmi di questo osceno giuoco.
Come potrò dire a mia madre che ho paura?
Chi mi riparlerà di domani luminosi dove i muti canteranno e taceranno i noiosi
quando riascolterò il vento tra le foglie sussurrare i silenzi che la sera raccoglie.
Io che non vedo più che folletti di vetro che mi spiano davanti che mi ridono dietro.
Come potrò dire a mia madre che ho paura?
Perché non hanno fatto delle grandi pattumiere per i giorni già usati per queste ed altre sere.
E
chi, chi sarà mai il buttafuori del sole chi lo spinge ogni giorno sulla scena alle prime ore.
E soprattutto chi e perché mi ha messo al mondo dove vivo la mia morte con un anticipo tremendo?
Come potrò dire a mia madre che ho paura?
Quando scadrà l'affitto di questo corpo idiota allora avrò il mio premio come una buona
nota.
Mi citeran di monito a chi crede sia bello giocherellare a palla con il proprio cervello.
Cercando di lanciarlo oltre il confine stabilito che qualcuno ha tracciato ai bordi
dell'infinito.
Come potrò dire a mia madre che ho paura?
Tu che m'ascolti insegnami un alfabeto che sia differente da quello della
mia vigliaccheria.
PRIMO INTERMEZZO
Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori che non so lungo i ruscelli d'altri mondi nascono
fiori che non ho.
Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori che non so lungo i ruscelli d'altri mondi nascono fiori che non ho.
LEGGENDA DI NATALE
Parlavi alla luna giocavi coi fiori avevi l'età che non porta dolori e il vento era un mago, la rugiada una dea, nel bosco incantato di ogni tua idea nel bosco incantato di ogni tua idea.
E venne l'inverno che uccide il colore e un babbo Natale che parlava d'amore e d'oro e d'argento splendevano i doni ma gli occhi eran freddi e non erano buoni ma gli occhi eran freddi e
non erano buoni.
Coprì le tue spalle d'argento e di lana di perle e smeraldi intrecciò una collana e mentre incantata lo stavi a guardare dai piedi ai capelli ti volle baciare dai piedi ai capelli ti
volle baciare.
E adesso che gli altri ti chiamano dea l'incanto è svanito da ogni tua idea ma ancora alla luna vorresti narrare la storia d'un fiore appassito a Natale la storia d'un fiore
appassito a Natale.
SECONDO INTERMEZZO
Sopra le tombe d'altri mondi nascono fiori che
non so
Ma tra i capelli d'altri amori muoiono fiori che non ho
BALLATA DEGLI IMPICCATI
Tutti morimmo a stento
ingoiando l'ultima voce tirando calci al vento vedemmo sfumare la luce.
L'urlo travolse il sole l'aria divenne stretta cristalli di parole l'ultima bestemmia detta.
Prima
che fosse finita ricordammo a chi vive ancora che il prezzo fu la vita per il male fatto in un'ora.
Poi scivolammo nel gelo di una morte senza abbandono recitando l'antico credo di chi
muore senza perdono.
Chi derise la nostra sconfitta e l'estrema vergogna ed il modo soffocato da identica stretta impari a conoscere il nodo.
Chi la terra ci sparse sull'ossa e riprese
tranquillo il cammino giunga anch'egli stravolto alla fossa con la nebbia del primo mattino.
La donna che celò in un sorriso il disagio di darci memoria ritrovi ogni notte sul viso un insulto del
tempo e una scoria.
Coltiviamo per tutti un rancore che ha l'odore del sangue rappreso ciò che allora chiamammo dolore è soltanto un discorso sospeso.
INVERNO
Sale la nebbia sui prati bianchi come un cipresso nei camposanti un campanile che non sembra vero segna il confine fra la terra e il cielo.
Ma tu che vai, ma
tu rimani vedrai la neve se ne andrà domani rifioriranno le gioie passate col vento caldo di un'altra estate.
Anche la luce sembra morire nell'ombra incerta di un divenire dove anche
l'alba diventa sera e i volti sembrano teschi di cera.
Ma tu che vai, ma tu rimani anche la neve morirà domani l'amore ancora ci passerà vicino nella stagione del biancospino.
La terra
stanca sotto la neve dorme il silenzio di un sonno greve l'inverno raccoglie la sua fatica di mille secoli, da un'alba antica.
Ma tu che stai, perché rimani? Un altro inverno tornerà domani
cadrà altra neve a consolare i campi cadrà altra neve sui camposanti.
GIROTONDO
Se verrà la guerra, Marcondiro'ndero se
verrà la guerra, Marcondiro'ndà sul mare e sulla terra, Marcondiro'ndera sul mare e sulla terra chi ci salverà?
Ci salverà il soldato che non la vorrà ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà.
La guerra è già scoppiata, Marcondiro'ndero la guerra è già scoppiata, chi ci aiuterà.
Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro'ndera ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà.
Buon Dio è già
scappato, dove non si sa buon Dio se n'è andato, chissà quando ritornerà.
L'aeroplano vola, Marcondiro'ndera l'aeroplano vola, Marcondiro'ndà.
Se getterà la bomba,
Marcondiro'ndero se getterà la bomba chi ci salverà?
Ci salva l'aviatore che non lo farà ci salva l'aviatore che la bomba non getterà.
La bomba è già caduta, Marcondiro'ndero la bomba
è già caduta, chi la prenderà?
La prenderanno tutti, Marcondiro'ndera sian belli o siano brutti, Marcondiro'ndà
Siam grandi o siam piccini li distruggerà sian furbi o siano cretini li fulminerà.
Ci sono troppe buche, Marcondiro'ndera ci sono troppe buche, chi le riempirà?
Non potremo più giocare al Marcondiro'ndera non potremo più giocare al Marcondiro'ndà.
E voi a divertirvi
andate un po' più in là andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà.
La guerra è dappertutto, Marcondiro'ndera la terra è tutta un lutto, chi la consolerà?
Ci penseranno gli uomini, le bestie
i fiori i boschi e le stagioni con i mille colori.
Di gente, bestie e fiori no, non ce n'è più viventi siam rimasti noi e nulla più.
La terra è tutta nostra, Marcondiro'ndera ne faremo una
gran giostra, Marcondiro'ndà.
Abbiam tutta la terra Marcondiro'ndera giocheremo a far la guerra, Marcondiro'ndà...
TERZO INTERMEZZO
La polvere il sangue le mosche e l'odore per strada fra i campi la gente che muore e tu, tu la chiami guerra e non sai che cos'è e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi il perché.
L'autunno negli occhi l'estate nel cuore la voglia di dare l'istinto di avere e tu, tu lo chiami amore e non sai che cos'è e tu, tu lo chiami amore e non ti spieghi il perché.
RECITATIVO (Due invocazioni e un atto d'accusa)
Uomini senza fallo, semidei che vivete in
castelli inargentati che di gloria toccaste gli apogei noi che invochiam pietà siamo i drogati.
Dell'inumano varcando il confine conoscemmo anzitempo la carogna che ad ogni ambito sogno mette fine:
che la pietà non vi sia di vergogna.
Banchieri, pizzicagnoli, notai, coi ventri obesi e le mani sudate coi cuori a forma di salvadanai noi che invochiam pietà fummo traviate.
Navigammo su fragili
vascelli per affrontar del mondo la burrasca ed avevamo gli occhi troppo belli: che la pietà non vi rimanga in tasca.
Giudici eletti, uomini di legge noi che danziam nei vostri sogni ancora siamo
l'umano desolato gregge di chi morì con il nodo alla gola.
Quanti innocenti all'orrenda agonia votaste decidendone la sorte e quanto giusta pensate che sia una sentenza che decreta morte?
Uomini cui pietà non convien sempre male accettando il destino comune, andate, nelle sere di novembre, a spiar delle stelle al fioco lume, la morte e il vento, in mezzo ai camposanti, muover le tombe
e metterle vicine come fossero tessere giganti di un domino che non avrà mai fine.
Uomini, poiché all'ultimo minuto non vi assalga il rimorso ormai tardivo per non aver pietà giammai avuto e non
diventi rantolo il respiro: sappiate che la morte vi sorveglia gioir nei prati o fra i muri di calce, come crescere il gran guarda il villano finché non sia maturo per la falce.
CORALE (Leggenda del Re infelice) C'era un re che aveva due castelli uno d'argento uno d'oro ma per
lui non il cuore di un amico mai un amore né felicità.
Un castello lo donò e cento e cento amici trovò l'altro poi gli portò mille amori ma non trovo la felicità.
Non
cercare la felicità in tutti quelli a cui tu hai donato per avere un compenso ma solo in te nel tuo cuore se tu avrai donato solo per pietà per pietà per pietà...
|