Avvertenza!
Legge 633/41 art. 70 comma 1:  "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla utilizzazione economica dell'opera."
In altre parole: i testi delle canzoni che trovate su questo sito possono essere utilizzati solo ed esclusivamente per  uso personale o di discussione.
Maggiori info (e la legge completa) sul sito della SIAE (Diritto d'autore e Web / Ufficio Multimedialità / Domande e risposte-  (artt. 72 e segg. Legge 633/41))

 

Testi Io Se Fossi Gaber

Massa ed Energia

L’uomo stava dritto dietro i vetri della sua finestra e contava da dieci minuti, orologio alla mano, le automobili, i tram, il lampeggiare intermittente di un semaforo giallo. Valutava la velocità, le direzioni, i percorsi dei passanti che attirano l’occhio, lo trattengono, lo abbandonano... Se si potesse misurare il lavoro dei muscoli oculari, il battito delle ciglia... gli sbalzi dell’attenzione, i movimenti dell’anima... se si sommassero tutti gli sforzi ai quali deve sottoporsi la gente che cammina per la strada, probabilmente si otterrebbe una tale quantità di energia in confronto alla quale quella impiegata per costruire tutti i missili del mondo farebbe ridere.
Purtroppo l’energia che scaturisce dai piccoli sforzi quotidiani di quella enorme massa di individui non serve a niente.
L’uomo ormai non riusciva più a contare. I suoi occhi lo distraevano, lo perdevano in mille particolari: l’insegna di un bar, una giacca a vento, i grattacieli, la divisa di un metronotte, il corpo di una bella ragazza... e la figura di un altro uomo che come lui da un’altra finestra guardava quell’incontenibile formicaio...



Gli Altri

Lui si svegliò quel giorno e stranamente
la prima cosa intorno che guardava
di colpo quella cosa diventava.
Lui diventava tutto e tutti quanti
lui diventava albero e cavallo
persona, pietra dura e poi trifoglio.
Lui diventava
abbarbicati amanti, uomini silenti e rumorose masse
e tutti gli elementi di città e campagna
ovunque si recasse.

Lui diventava il padre virile e ingiusto
lui diventava il figlio un po' smarrito
l'onesta madre che l'aveva concepito.
Lui diventava
i riti della casa e le conversazioni e poi la compagnia
e gli uomini e le donne che per le strade
s'addensano in follia.
E poi la conoscenza, il nobile concetto e l'intelletto
l'idea che a tutto tu devi dare un nome
il senso del reale e soprattutto
il maledetto «se e come».
Lui si svegliava ogni mattina e tutto, tutto
diventava suo
e tutto diventava parte di quell'uomo
che ora sono anch'io.

Non esiste né luogo né tempo
distanza non esiste
io sono gli uomini del passato canuti e saggi
io sono gli uomini del futuro smarriti e scaltri.
Io sono come tutti
io sono gli altri.

Io sono gli altri
io sono gli altri
io sono gli altri
io sono gli altri.

Io sono gli altri
io sono gli altri
io sono gli altri
io sono gli altri.



L'Abitudine

Eh sì, più gli anni passano più ci si abitua a vivere... e quando ci si abitua a vivere...
La vita è questa roba qui per tutti, nessuno escluso. Già, perché magari uno pensa... ma va là... anche essere importanti, uno di quelli che contano, che sono tutti i giorni sui giornali, alla televisione... è lo stesso, dai, è uguale...
Per dire...
Io, se fossi Berlusconi, quando c'è la pubblicità cambierei canale.
Io, se fossi Pippo Baudo, mi porterei una brandina in televisione.
Io, se fossi Gassman, non ne farei una tragedia.
Io, se fossi Licio Gelli, mi presenterei nelle liste del partito radicale.
Io, se fossi Tinto Brass, proverei a scopare.
Io, se fossi Pertini, avrei un solo rimpianto: quello di essere vissuto all'epoca di Craxi. Come noi, del resto...
La vita è così... più o meno una vita vale l'altra, dopo un po' ci si abitua a tutto, il mondo perde di fascino, ed è naturale ritrovarsi a guardarlo con un certo distacco. Anche i più entusiasti, come me, a una certa età finiscono col non stupirsi più di nulla.



Cronometrando Il Mondo

Un animale sconosciuto che gira per la casa
i gesti incomprensibili e l'aria misteriosa.
Io lo osservo, lo studio
vorrei proprio conoscerlo meglio.
Sto parlando di mio figlio.

Allevato da padre perfetto
trascorreva intervalli felici
cronometrando il mondo
cronometrando il mondo
cosciente e stupefatto.

Dietro i suoi occhi assorti e strani
c'è un po' dell'indifferenza dei marziani
di chi divide il proprio affetto
tra il computer e il suo gatto
con un'inspiegabile armonia
senza uno scoppio illogico di gioia
senza nemmeno un riso un po' improvviso
senza neanche la paura della noia.

Ma al contrario di chi è insoddisfatto
lui mantiene il suo proprio equilibrio
cronometrando il mondo
cronometrando il mondo
cosciente e stupefatto.

Senza gli slanci o le passioni ardenti
senza la smania di grossi mutamenti
e forse cose come queste lui le ha già vissute o viste
attraverso gli occhi degli eroi
forse è uno scherzo della fantascienza
forse è la prova di una razza nuova
che mi dà la sensazione dell'assenza.

Così estraneo persino al suo tempo
lui mantiene il suo proprio equilibrio
cronometrando il mondo
cronometrando il mondo.

Io vorrei almeno sentirti vicino
in qualche sentimento uguale ai miei
almeno nei deliri che non vedo
o che non hai.
Io vorrei almeno poterti incontrare
in qualche antica forma di ironia
nel cuore, nella voglia di cambiare
o in qualche nostra idea.
Ma quasi certamente
il diciassette e il sessantotto
per lui sono soltanto numeri del lotto.

Allevato da padre perfetto
trascorreva intervalli felici
cronometrando il mondo
cronometrando il mondo
cronometrando il mondo
cronometrando, cronometrando, cronometrando
cronometrando il mondo
cronometrando il mondo.



L'Intossicato

Io mi intossico talmente a contatto del mio prossimo che ogni tanto sono costretto a ritirarmi in campagna per disintossicarmi. Se non che a quel punto, non avendo più gente intorno, mi prende la paura che il mio odio per l'umanità sia diminuito. Allora ritorno in città... e mi incazzo... Vado in campagna e mi ritiro... e mi ritiro... Mi incazzo... mi ritiro... mi incazzo... mi ritiro...
Insomma, non riesco a risolvere quella assurda contraddizione che si potrebbe chiamare "mania di solitudine e di mondo".



Luciano

La notte faccio sempre tardi, non certo per divertimento
la notte è il mio elemento.
Gli amici, la conversazione, quaranta sigarette, un po' di vino
comincio a stare meglio e mi si alza il tono.

Ma di mattina, ci tengo a precisare, all’una di mattina
c'è sempre un cretino che suona
perché il cretino è un amico che sa che stai dormendo
e allora insiste, l'amico è tremendo.

Mi alzo come un deficiente
e gioco a mosca cieca con gli oggetti
non mi diverto niente.
Sarebbe il caso di sfruttare l'intelligenza della notte
invece di sparar cazzate, mettere a posto le ciabatte.
Mi aggiusto le mutande intanto che attraverso il corridoio
c'ho un freddo… brrr… che muoio.
La giacca del pigiama è quasi sempre troppo corta
mi accosto un po' chinato e apro un pelo di porta.

"Ah, sei tu, Luciano…"
(è l'ultima persona che vorrei vedere).
"Ah, sei tu Luciano, mi fa piacere".

Lui mi si butta al collo, un tenero abbraccio
ha gli occhi gonfi, è pallido come uno straccio
mi stringo nella giacca del pigiama, un po' cortina
barcollo, poi raggiungo la cucina.

Così in mutande non sono a mio agio
ma lui non può capire
sono il suo salvatore, ormai mi ha scelto
sono un gruppo d'ascolto.

[parlato]: "Eh, sì, lo so, Luciano, le donne…"

"Luciano, sono troppo nudo, dovrei mettermi almeno i pantaloni"
ma lui non mi dà tregua, non sente ragioni
e lo capisco, certo non è il caso di occuparsi di pudore
quando un amico è disperato, soffre e piange e poi magari muore.

"Un attimo soltanto", provo a dire
"dovrei andare…"
Sono anche debole di reni
meglio non dirlo, per carità, di fronte ai suoi problemi.

Infatti lui mi butta addosso una tale dose di dolore
che non mi lascia neanche il tempo di pisciare.
"Povero Luciano…"
(devo dirgli qualche cosa di geniale)
"Povero Luciano, come stai male".

Lui soffre da morire, non esagera affatto
è proprio vero, gli è successo di tutto.
Se non fosse per come mi scappa lo potrei capire
del resto anch'io ho sofferto per amore, purtroppo devo andare.

Ma lui mi piange sulla spalla, mi vuol bene, mi si butta addosso
non vuole mica, non c'è cristo che mi mandi al cesso.
Sono anche debole di reni, non ne posso più, maledizione
la sento scivolare un po', la fermo subito con il trucco della contrazione.
Poi con indifferenza mi asciugo un po' la coscia
che cosa vuoi che sia in confronto alla sua angoscia.

Riprende a lamentarsi, è una cascata
aiuto, un'altra goccia sulla coscia, questa volta non l'ho fermata
io cerco di scappare, se posso lo mollo
ma è troppo disperato, mi si butta al collo.

Poveretto, gli muore anche la mamma e lui si spara, è tutto un morire
è nello squagliamento più totale, è nel terrore.
E io sono debole di reni, l'ho già detto
inutile resistere, tanto è lo stesso
inutile resistere, lo so, lo so, oramai mi piscio addosso.

"Aiuto, Luciano, mi sto pisciando addosso!".
Non è possibile, non voglio, non posso
la sento scivolare, mi sto pisciando addosso
sento già il suo calore.

"Aiuto, Luciano, non la posso fermare!"
Mi si è sciolto il cuore
sono una fontana, sono tutto un sudore.

[parlato]: Aiuto, mollo tutto, adesso piscio, sì, piscio per due ore!

[parlato]: "Luciano… Dove vai, Luciano… Dài, stai qui, vogliamoci bene. Ma come ti faccio schifo? Se stavo dormendo… È colpa tua. Te e quella troia che t'ha lasciato. Dài, Luciano, non andar via, stai qui con me, Lu… le donne sono tutte piscione!"



La Vestizione

Non so se anche a voi, ma a me la vita è diventata difficile, non tanto nelle decisioni fondamentali, che quelle non ce le ho neanche più... No, perché magari uno crede di scegliere nelle cose importantissime; invece il più delle volte la vita è frutto di circostanze casuali, non è che si decide... capita così. E allora va a finire che le uniche cose in cui si sceglie veramente sono quelle più insignificanti, quelle dove non si crede neanche di scegliere.
In fondo è chiaro che un paio di scarpe serve per camminare, una macchina per spostarsi e un orologio per sapere che ora è. Sembrerebbe che uno vale l'altro; e invece no, non me lo vengano a dire. È proprio lì che uno si afferma come persona, è lì che uno cerca di distinguersi, è l'unica speranza che gli rimane.
Intendiamoci, non c'è nessuno che ammette di farsi un problema del proprio modo di apparire: "No, io non ci bado... alla mattina non è che mi vesto... qualsiasi cosa, purché sia comoda". Mah! Io ho un amico... scarpe inglesi, pantaloni marrone scuro, golf beige... Dico: Accidenti, come sei perfetto! "Ma figuriamoci" fa lui "prendo a caso, quello che mi viene!" Ma pensa!... e io che sono lì che mi aspetto da un giorno all'altro di vedermelo in bianco, rosso e verde; tanto lui pesca a caso... Macché: varie tonalità del beige. Che culo che ci ha!
La gente dice che non ci bada. Si vergognano... gli uomini, tutti. Prendono a caso. Perché l'uomo non può, ha un suo rigore.. Anche allo specchio non si guarda mai. Un'occhiatina di nascosto, e via. Un po' trasandato, spettinato... Spettinato bene, però.
Perché effettivamente l'aspetto definisce. Se uno porta la giacca e la cravatta è rassicurante. Ti viene subito in mente l'ufficio, la banca, l'IVA, le bolle di accompagnamento... È uno regolare. Se però ai piedi porta sandali afro-cubani... attenzione: può essere già un look. No, no, il look è un'altra cosa... Di questo ne parliamo poi. Sì, insomma... alcuni l'hanno trovato un modo di portare la giacca e la cravatta che è un'altra cosa: è oltre. Ma come fanno? Se me la metto io, la giacca e la cravatta, sono subito in banca. E se mi metto i sandali? Sono un impiegato di banca coi sandali afro-cubani.
E sì, vestirsi è diventato difficilissimo, impossibile... cioè io... io vorrei vestirmi normale. Ecco, il normale non c'è. La giacca non la posso mettere, va be'. Sì, magari una maglia, un paio di pantaloni, appunto, uno non ci bada... E no, c'è modo e modo di non badarci. Perché con una maglia targata Tacchini sei un Tacchini! È una mania: targhette, righe, taschine, cervi, ochette, serpentelli... Ecco, normale non c’è.
Per i pantaloni è più facile. Ce n'è una gamma infinita. Il jeans tutto sommato... Però è un po' troppo. Coi jeans... uno si vede che ha i jeans. E poi la linea, il taglio: larghi di culo, stretti di culo, bassi di vita, alti di vita, larghi di coscia, corti di gamba, stretti, tutto schiacciato, stretti, stretti, a zampa! Io ne vorrei un paio normali, giusti, che come cominciano... finiscono. Non li fanno. Troppo stravaganti. Adesso ne fanno un tipo che... ci siamo, mi convince: parte giusto, continua bene e poi... (si stringono rapidamente in fondo). A questo punto metto gli stivali e siamo a cavallo! Se vado in giro a cavallo in via Manzoni... forse mi notano. Uno come me, che vuol essere normale, non può.
Ecco, sì, per me vestirsi vuol dire sentirsi giusti, è un problema più intimo... Quando uno cerca di essere in sintonia con le cose che mette, con gli indumenti, non sa da che parte cominciare. Uno si alza... la mattina... col pigiama... Ecco, per esempio, io sono un tipo da pigiama o no? Va be'... uno si alza... è nudo... Alle donne piacciono quelli che dormono nudi. Chissà se è vero... Va be' non importa... Dicevo, io sono lì nudo... cerco le mutande: un batuffolino! Due o tre centimetri di stoffa che con l'elastico... [gesto come a dire: diventano piccolissime]. Ecco, il problema comincia dalle mutande; bisognerebbe farci uno studio. Quelle lì piccoline sono tremende. Coprono appena appena quello che devono coprire, vengono su sempre più strette, e finiscono ai lati con un filino... che è vero, allunga la gamba, ma non capisco perché un uomo con la coscia piena di peli deve avere gli stessi problemi di Carmen Russo.
Sì, però non vorrei neanche essere uno di quelli che portano le mutande lunghe, quelle dei colonnelli. No, non sono più così; le rifanno a righine o a quadrettini, in versione americana, neanche brutte. Una volta ci avevo pensato... però si notano un po' troppo. È come se uno si fosse preoccupato di essere elegante... con giù i pantaloni.
Ma è possibile che non si riesca a comprare un paio di slip... che non venga in mente niente... che non si possa dire: Ecco, quello lì è così. È come quelli che ci hanno quelle mutande lì.
Bisognerebbe non spogliarsi mai. Certo che smettere di fare l'amore perché uno non ha trovato la sua mutanda... non è previsto neanche dalla Chiesa Cattolica!
Maledizione! Non so più come vestirmi! Non posso mettere più niente! E pensare che invece c'è gente che può fare tutto; può mettersi le cose più assurde e va sempre bene. Tanto loro non si vestono per vestirsi... Hanno inventato il look. Praticamente è come se fosse sempre carnevale: cavallerizzi, giocatori di rugby, vedove nere, cow-boy, arancioni, finti ciechi, David Bowie!... Tu sei lì che parli con uno... magari devi firmare un contratto...lui è vestito da pirata...: che c'entra?
È normale... non è mica un pirata, ci ha il suo look... Una volta i posti dove fioriva di più il look erano i manicomi. Adesso li hanno chiusi. Sono tutti in via Manzoni.
Cosa non fa la gente per farsi notare! No, non credo che sia sempre esibizione. Credo che sia anche un bisogno intimo, legittimo... un bisogno di sentirsi almeno in qualche cosa unici. È come se avessimo la sensazione di non avere più niente che ci distingua, la paura di essere tutti uguali, in tanti... È il numero che ci spaventa.
Ma forse abbiamo creato ancora più confusione. La massa non è un fatto numerico. Si può essere milioni e milioni, anche simili, e non essere massa, rimanere persone... Credo che sia possibile. E magari può esserci una persona sola che invece è massa.
Non è il numero. È la testa.



La Massa

Una serie, una somma di numeri
un insieme di punti attaccati, fenomeno strano
fenomeno strano si sono magnetizzati
un ammasso dove ogni molecola vive da sola
a contatto di un'altra molecola come
una serie, una somma di uomini
un insieme di uomini uniti, fenomeno strano
fenomeno strano ma sono ipnotizzati
un'inerzia caotica e opaca investita da strane correnti
da instabili flussi, da moti sconnessi che lei non rimanda
o non vuole
e poi assorbe, diventa una massa, una grande potenza neutrale.

Una morbida spugna che da sola si ingrossa e vive: LA MASSA.

La massa è un terreno fangoso
che tutto sprofonda diventa confuso
la massa è passiva e abissale
ingurgita il senso distrugge il sociale
la massa è il silenzio
è il destino neutrale del plagio
la massa è il contagio
la massa interrompe il circuito
la massa è il neutro
la massa fa massa.

La massa opacizza la luce
la massa rifiuta la fede, rifiuta anche il male
rifiuta l'attesa il mistero il sociale.

Una morbida spugna che da sola si ingrossa e vive: LA MASSA.

La massa è una palla informale
è molle e vischiosa
è uno strano animale
che tutto distrugge e disperde
la massa è un computer avaro
un gran buco nero in cui tutto si perde
la massa è l'inerzia
è il corto circuito, l'immobile orgia del rito
la grande energia negativa
la massa è implosiva
la massa fa massa.

Una serie, una somma di uomini
un insieme di uomini uniti, fenomeno strano
fenomeno strano si sono neutralizzati
fenomeno strano
fenomeno strano
fenomeno strano...



Io e Le Cose

Ad essere sincero io non so
se esistono le cose
non so se vanno male o bene
se tutto è un'illusione.

Ad essere sincero io non so nemmeno
se anche le persone
con i loro sentimenti e la ragione
esistono davvero.

Io non so niente
ma mi sembra che ogni cosa
nell'aria e nella luce
debba essere felice.

Io non so niente
ma mi sembra che due corpi
nel buio di una stanza
debba essere esistenza.

E gli alberi, le spiagge, i cani e i gatti
e strani oggetti che cito alla rinfusa
il tavolo, la stanza, una camicia appesa
le carte coi tarocchi e poi gli eterni scacchi
il vecchio libro Cuore
e un acquarello di mia madre
col solito fiore
e poi lo specchio rosso su cui splende
un'illusoria aurora
chissà se è mai esistito,
chissà se esiste ora.

Io non so niente
ma mi sembra che ogni cosa
nell'aria e nella luce
debba essere felice.

Io non so niente
ma mi sembra che due corpi
nel buio di una stanza
debba essere esistenza.



I Posti Giusti

Scusate un attimo, volevo farvi una domanda: voi la sera cosa fate? No, dico, a parte il rincoglionimento televisivo... quando uscite... dove andate? Perché io vado in giro un po’ dappertutto... ma non mi sembra di trovare... quel clima, quell’atmosfera che c’è solo nei posti... giusti.
Perché ogni epoca ha i suoi posti giusti: sembra quasi che, paradossalmente, in un certo periodo la storia passi da quei posti lì.. e non dagli altri! Ho detto la storia, eh, non la moda.
No, forse alcuni di voi se lo ricorderanno, ma... qualche anno fa... nelle università, nelle piazze… sì, c’era un po’ di casino... ma si respirava un’aria… insomma si vedevano delle facce belle, vive, ecco... delle espressioni intelligenti... delle ragazze stupende! In fondo ci si andava per questo... per carità, non per le ragazze... per la storia, dico... si sentiva in qualche modo che quelli erano i posti giusti.
Oggi... oggi, mi domando... quali sono i posti giusti, eh? Dove sono i fermenti culturali, i segnali del costume, le testimonianze del nostro tempo? Eh? dove vanno le ragazze stupende? Dove vado io... no! Per carità... non vorrei che voi adesso pensaste… figuriamoci...alla mia età sarei ridicolo... oh Dio... No, la questione è un’altra: secondo me le donne hanno l’intuito. Loro sanno istintivamente quali sono i posti dove passa la storia. Quindi, se non vanno dove vado io… avranno le loro buone ragioni!
Devo darmi da fare, devo muovermi... devo uscire la sera... devo andare in giro... nei ristoranti, nelle birrerie, nelle paninoteche, nei salotti dagli amici, al mare, alla Standa! Devo incontrare della gente, eh...
Ma, mi domando, ci saranno ancora... le ragazze giuste... i posti... la storia?



Il Dilemma

In una spiaggia poco serena
camminavano un uomo e una donna
e su di loro la vasta ombra di un dilemma.
L'uomo era forse più audace
più stupido e conquistatore
la donna aveva perdonato, non senza dolore.
Il dilemma era quello di sempre
un dilemma elementare
se aveva o non aveva senso il loro amore.

In una casa a picco sul mare
vivevano un uomo e una donna
e su di loro la vasta ombra di un dilemma.
L'uomo è un animale quieto
se vive nella sua tana
la donna non si sa se ingannevole o divina.
Il dilemma rappresenta
l'equilibrio delle forze in campo
perché l'amore e il litigio sono le forme del nostro tempo.

Il loro amore moriva
come quello di tutti
come una cosa normale e ricorrente
perché morire e far morire
è un'antica usanza
che suole aver la gente.

Lui parlava quasi sempre
di speranza e di paura
come l'essenza della sua immagine futura.
E coltivava la sua smania
e cercava la verità
lei l'ascoltava in silenzio, lei forse ce l'aveva già.
Anche lui curiosamente
come tutti era nato da un ventre
ma purtroppo non se lo ricorda o non lo sa.

In un giorno di primavera
quando lei non lo guardava
lui rincorse lo sguardo di una fanciulla nuova.
E ancora oggi non si sa
se era innocente come un animale
o se era come instupidito dalla vanità.
Ma stranamente lei si chiese
se non fosse un'altra volta il caso
di amare e di restar fedele al proprio sposo.

Il loro amore moriva
come quello di tutti
con le parole che ognuno sa a memoria
sapevan piangere e soffrire
ma senza dar la colpa
all'epoca o alla Storia.

Questa voglia di non lasciarsi
è difficile da giudicare
non si sa se è cosa vecchia o se fa piacere.
Ai momenti di abbandono
alternavano le fatiche
con la gran tenacia che è propria delle cose antiche.
E questo è il sunto di questa storia
per altro senza importanza
che si potrebbe chiamare appunto resistenza.

Forse il ricordo di quel Maggio
gli insegnò anche nel fallire
il senso del rigore, il culto del coraggio.
E rifiutarono decisamente
le nostre idee di libertà in amore
a questa scelta non si seppero adattare.
Non so se dire a questa nostra scelta
o a questa nostra nuova sorte
so soltanto che loro si diedero la morte.

Il loro amore moriva
come quello di tutti
non per una cosa astratta
come la famiglia
loro scelsero la morte
per una cosa vera
come la famiglia.

Io ci vorrei vedere più chiaro
rivisitare il loro percorso
le coraggiose battaglie che avevano vinto e perso.
Vorrei riuscire a penetrare
nel mistero di un uomo e una donna
nell'immenso labirinto di quel dilemma.
Forse quel gesto disperato
potrebbe anche rivelare
come il segno di qualcosa che stiamo per capire.

Il loro amore moriva
come quello di tutti
come una cosa normale e ricorrente
perché morire e far morire
è un'antica usanza
che suole avere la gente.



L'Audience

A un certo punto è saltato su uno e ha detto: "Secondo me Andreotti è bravo!". E lì è incominciato il casino!
Fammi capire, forse non stiamo parlando della stessa persona. Non ce ne saranno mica due, eh?
Che Andreotti sia bravissimo io questo l'ho sempre saputo. Che sappia fare il suo mestiere questo è chiaro… è già lì da un po'!
Quello che viceversa da un certo punto in avanti è stato sempre meno chiaro è quali sono quelli bravi e quelli no! Eh, come si fa a distinguerli? Mica facile, eh?
Una volta erano bravi quelli che la pensavano come te. E per quelli che la pensavano come lui Giulio era bravissimo. Ora è bravo per tutti, capisci? Anche per quelli che non la pensano come lui.
Ma sì, in questo spappolamento generale, politica, cultura, spettacolo, tutto, non sono le idee che contano, no, non è la visione delle cose, no, non è la qualità dell'impegno, no: è l'astuzia del mestiere, è la bravura che conta, ma che dico la bravura... che conta... che conta… è l'audience!
Si fanno le statistiche, i sondaggi di opinione, le indagini di mercato e alla fine... hit-parade! Chi è in testa è più bravo, eh!
Pertini è primo da duecentoventi settimane. Wojtyla resiste al secondo posto incalzato dalla Carrà che è in netta ascesa. Baudo è stazionario. Seguono Craxi e Carmen Russo a pari merito.
Ma sì, ma sì, è inutile stare ad andare tanto per il sottile, è inutile stare lì a valutare la gente per quello che dice, per quello che fa, per come si comporta, ma chi se ne frega, l'importante è l'indice d'ascolto, l'importante è avere dietro le masse:
– Cinque milioni.
– Guarda che c'è un ragazzo giovane, nuovo, preparato…
– Ma chi lo conosce… dieci milioni… venti milioni.
– Avrei avuto un’idea interessante, nuova, stimolante…
– Ma a chi vuoi che gliene importi… trenta milioni.
– Ma veramente…
– Quaranta.
– Ma fatemi parlare per Dio, statemi a sentire!
– Zitto. Zitto che non sei nessuno! Cinquanta milioni, sessanta milioni, tutti!

Oh Dio! Tutti forse no, eh? Forse c'è ancora qualcuno nascosto da qualche parte che ha ancora il coraggio di pensare che una cosa sia o bella o brutta indipendentemente dal successo che ha. Però si dev'essere nascosto molto bene, perché è difficilissimo incontrarlo!
Per il resto non è bello ciò che è bello, è bello ciò che ha audience.



Qualcosa Che Cresce

.Qualcosa che cresce
Qualcosa che cresce dentro e fuori
da soli non si è mai soli
ci sono gli altri nei nostri pensieri.
La notte io mi addormento
e sogno i sogni
degli altri sognatori.

Qualcosa che cresce
che quasi non si riconosce
che cresce a dismisura.
Un grosso libro, un quadro a olio, un film
diventa un grande agglomerato
un'escrescenza di cultura.
Qualcosa che cresce.

Qualcosa che cresce
fino a sorpassare il proprio scopo
fino a non aver più senso
fino a non aver più nome
fino all'estinzione.

Qualcosa che cresce
le Fondazioni a fin di bene, le facce serene
la psiche, le ricerche, l'assistenza
un'estasi di gran contatto e di presenza.
La solitudine fa troppo male al cuore
è finalmente l'era del gran comunicare.
Qualcosa che cresce, diventa più grosso
cresce tutto, anche il sesso, onnipresente, esagerato
un grosso sesso sempre più asessuato
senza pudore, senza il gusto dell'errore
qualcosa che va oltre, qualcosa che cresce
un sesso ingigantito nel suo rito
sono milioni, milioni e milioni di seni, di culi, e di cosce.

Qualcosa che cresce.
Qualcosa che cresce.
Qualcosa che cresce
fino a sorpassare il proprio scopo
fino a non aver più senso
fino a non aver più nome
fino all'estinzione.

Qualcosa che cresce
cresce tutto da morire
cresce tutto senza senso, dalla moda alle tastiere.
Cresce un grammo di eroina e centuplica se stesso
cresce il pollo in gelatina bianco come il gesso.

Qualcosa che cresce, cresce, cresce bene
come le salse americane
senza misura, senza distinzione
senza nemmeno più il bisogno dell'organizzazione.
Politica del gran coinvolgimento
il senso dell'Europa nelle masse
recupero del sentimento
e "Uccelli di rovo" come se piovesse.

Qualcosa che cresce.
Qualcosa che cresce.

Qualcosa che cresce.
Qualcosa che cresce.
Un universo caldo persino in mezzo al mare
e cresce anche il ricatto del fungo nucleare
e cresce la paura ma senza esser più paura
dobbiamo ringraziare
le armi son talmente troppe che la guerra
non si può più fare.
Migliaia di neutroni, trecentomila tipi di missili tremendi
Ordigni della fantascienza che bastano a distrugger dieci mondi.

Qualcosa che cresce.
Qualcosa che cresce.

Qualcosa che cresce
fino a sorpassare il proprio scopo
fino a non aver più senso
fino a non aver più nome
fino all'estinzione.

Più reale del reale.
Più reale del reale.
Più reale del reale.
Più reale del reale...



La Pistola

Questi nostri tempi di sconvolgimenti
sono tempi assai degni di storia ma non di memoria
lo stato non agisce e tanto meno cautela
ci vorrebbe una pistola.

La violenza urbana è una cosa seria
è quel senso di ostile che avverto e che gira nell’aria
è giusto che la gente si difenda da sola
io mi compro una pistola.

[parlato:] 7 e 65, automatica, fuori ordinanza, calcio scuro con quadrettature, canna corta, grilletto cromato con scatto dolce… clic…clic…clic!

Al momento la porto in giro la domenica
che la gente è più distesa e va in giro coi cani
e non sa niente dell’oggetto più fedele e più perfetto
che rigiro tra le mani.

La sento che scende, tira e pesa come un grosso sasso
sento l’importanza della sua presenza
ci si sente a posto quando si porta in tasca
una di quelle cose che al momento giusto
possono esplodere e fare un gran rumore

Figuriamoci io che neanche agli uccellini
non sparo mai!

Io nel nostro tempo non ci vedo chiaro
c’è un enorme sviluppo, una gran libertà di pensiero
davvero interessante però non mi consola
porto sempre la pistola.

[parlato:] 7 e 65, l’ho già detto, certo il grilletto, c’ho già un rapporto stupendo: dolce, sensibile… clic…clic… clic!

Me la sento un po’ dura in tasca ai pantaloni
mi fa sempre un certo effetto così gelida e liscia
l’accarezzo con la mano e la sento che si scalda
a contatto della coscia.

Cammino tutto irrigidito ma mi sento bene
come se fossi eternamente in erezione
ogni tanto entro in un orinatoio
un attimo per guardare l’oggetto stupendo
nessuno può sapere che cosa sto facendo

Figuriamoci io che negli orinatoi non piscio mai!

[parlato:] Loro pisciano, pisciano tutti, vengono qui apposta e così credono di me. Mi vedono solo la nuca e le gambe, le tengo un po’ divaricate e me la guardo: bella, il calcio con le quadrettature… c’è ne ho uno accanto, lo so cosa fa, gli vedo le gambe e la nuca, ben pasciuto l’omaccione, la piega della nuca mi sorride come fosse una grossa bocca… che fa, prende per il culo? Non piscio mai negli orinatoi! Dunque il calcio, le quadrettature e il grilletto dolce e sensibile come una piccola palpebra, tenera, socchiusa, clic… clic…[SPARO]

Questi nostri tempi di sconvolgimenti, questi nostri tempi…



Il Senso

Secondo me è un periodo che non si capisce più niente. No, dico nelle conversazioni, no? Sia che si parli di noi, sia che si parli del mondo.
No, perché io posso anche capire che uno abbia delle idee politiche… beato lui. Che si spieghi. Ecco, che non dica parole che non vogliono dire niente… o tutto. Che poi io gli rispondo, e lui mi risponde, e io gli rispondo, e mi fa incazzare, e finisce che si litiga senza avere neanche capito bene di che cosa stiamo parlando.
Ordine ci vuole, ordine, a cominciare dalle parole. Bisogna ridargli un senso, specialmente a quelle parole soggette a cambiare nel tempo. Eh! Perché se uno dice "fascismo", non è che si sa tanto bene cosa vuol dire, però l’altro capisce che non è una gran cosa. Perfetto, si sono accordati sul senso.
Ma se uno mi dice "democrazia", io gli do lo stop: "Stop! Adesso tu mi dici se per te è una cosa buona o una schifezza!". Allora lui mi spiega con altre parole e io: "Stop! Stop! Stop!".
Mi evitano. Solo perché voglio che ci si accordi sul senso. Ma certo, anche per difendermi. Ma dico, se uno a tavola ti dice "compagno", tu non sai se ti sta dando del cretino o no! Si potrebbe capire sapendo lui come la pensa, questo sì, ma se te lo dice uno per strada, eh? "compagno"... Dal tono forse:
"Compagno!". Questo è chiaro.
"Compagnooo…". Anche questo è chiaro.
"Compagno!". Questo non si capisce, per esempio.
E poi, anche se si capisse, a questo punto non si sa più perché bisogna usare le parole. Basterebbe fare: "Heee… blll… huuu… huuu...".
Bisogna decidere, su! O essere delle mucche o ridare un senso alle parole. Un senso storico. Perché è la storia che come sempre fa casino, capisci? Ti cambia da un giorno all’altro il significato delle parole, perché lei, la storia, c’ha un suo percorso, no? e allora tu prima di parlare con uno devi sapere a che punto sta lui della storia, no?
Io lo guardo un po’ poi gli faccio: "Tu dove stai?".
Mi evitano.
E fanno male, perché non stanno attenti, sono disordinati. Ma dico io, se uno non sta dietro alle cose nell’arco di una vita una parola come "coppia", ecco "coppia", "coppia"… quando ero piccolo erano due persone che si volevano bene. Poi c’è stato un periodo che erano due persone… nemmeno due persone, era una schifezza proprio! Adesso sta rimontando, vedi? Per coppia si intende "coppia critica", e cioè loro sanno che è una schifezza ma va bene così. Perfetto! Perfetto! Va benissimo, si sono accordati sull’imperfezione dell’amore, eh!
Amore? Stop! Bisognerebbe ridargli un senso. Anche le ragazze mi evitano.
Ma allora bisogna usare solo parole come cane, gatto, albero, cavallo! Ecco, se uno mi dice "cavallo" lo so cos’è, eh! Non mi diverto ma lo so. Eh sì, perché se la gente parlasse solo di animali, di verdure… di cassapanche, non si gode ma ci si capisce.
E invece allora parole di pace, di inflazione: stop! Energia, Einstein: stop! Cultura: stop! Sfratti, religione: stop! Politica: stop! Stop! Stop! Accordiamoci sul senso!
Il senso?
Ma che senso ha il senso?



Le Elezioni

Generalmente mi ricordo
una domenica di sole
una giornata molto bella
un'aria già primaverile

in cui ti senti più pulito
anche la strada è più pulita
senza schiamazzi e senza suoni

chissà perché non piove mai
quando ci sono le elezioni.

Una curiosa sensazione
che rassomiglia un po' a un esame
di cui non senti la paura
ma una dolcissima emozione,

e poi la gente per la strada
li vedi tutti più educati
sembrano anche un po' più buoni

ed è più bella anche la scuola
quando ci sono le elezioni.

Persino nei carabinieri
c'è un'aria più rassicurante
ma mi ci vuole un certo sforzo
per presentarmi con coraggio
c'è un gran silenzio nel mio seggio

un senso d'ordine e di pulizia.
Democrazia!

Mi danno in mano un paio di schede
e una bellissima matita
lunga, sottile, marroncina
perfettamente temperata

e vado verso la cabina
volutamente disinvolto
per non tradire le emozioni

e faccio un segno sul mio segno
come son giuste le elezioni.

È proprio vero che fa bene
un po' di partecipazione
con cura piego le due schede
e guardo ancora la matita
così perfetta è temperata...

io quasi quasi mela porto via.
Democrazia!



Il Sociale

Il sociale
il sociale
il sociale non so bene cosa voglia dire
il sociale.

Il sociale è uno stranissimo concetto
che non vuol dir più niente
o vuol dire tutto.
Il sociale forse non esiste
o si è gonfiato tanto che ha perso ogni valore
non so se è fratellanza o scienza, istinto naturale
o amore.
Il sociale è una nozione delle più confuse
che per ragioni misteriose abbiamo il dovere di salvare.
Il sociale è un calderone cerebrale
dove sta dentro qualsiasi cosa
è l’organizzazione del lavoro, i conti della spesa
i poveri, la casa
è un’assistente premurosa che ti rincalza il letto
come una sposa.
Come sta il sociale? Sta bene grazie.
Come sta il sociale? Sta bene grazie.

Il sociale è il passatempo
della demagogia politica mondiale
è l’alibi dell’uomo di sinistra
che se lo porta a casa e lo riveste di ideologia
così adatta a far passare meglio qualche vecchia idea
ma è l’alibi dell’uomo anche di destra
che in fondo del sociale se ne frega
ma dopotutto è una nozione così vaga
e così adatta alle speculazioni di bassa lega.
Come sta il sociale? Sta bene grazie.
Come sta il sociale? Sta bene grazie.

Il sociale è la coscienza di tutti i cittadini
le centocinquanta ore e poi i contraccettivi
per far bene l’amore
le strade ben tenute, la carta nei cestini
e finalmente han fatto anche i cessi per i cani
una specie di latrina socialista
pulita e poco in vista.
Il sociale è questo assurdo paradosso
è questa inflazione d’amore
che ci piove addosso.
Stanateli, stanateli, stanateli.

E finalmente i risultati elettorali
ci possono anche divertire
coi loro tabelloni come a Giochi senza frontiere
perché il sociale è il nostro carnevale organizzato
è l’anno della donna, è l’anno del bambino, è l’anno dell’handicappato
è l’anno della pace, l’anno del concilio
la gente guarda e si diverte
come a un cinemino a domicilio.
Il sociale ha vinto, ha avuto ragione
il sociale ha vinto con raffinato adescamento e coercizione
col gran bombardamento e la sua furia smisurata di seduzione.
Stanateli, stanateli, stanateli.

Il sociale è diventato soprattutto il tempo libero totale
le grandi camminate, l’estate romana
Milano d’estate e poi i digiuni per la pace
e canto e ballo e mostre e i Bronzi di Riace.
Il sociale è diventato proprio tutto purchè sia spettacolare
folklore popolare e Carnevale come niente fosse
cortei, risotto in piazza e un po’ di aggiornamento per le masse
sondaggi di opinione, simpatiche interviste
che fanno venir fuori un po’ di nuovi umori e di genialità.

Il sociale è la faccia di Costanzo e di Gianni Minà.
Il sociale sta diventando una sciagura
per non parlare di quanto costa agli assessori della cultura
il sociale è un’alluvione, è un uragano
è il cinema, il teatro per le scuole
è il centenario wagneriano
e noi che andiamo, andiamo, andiamo
andiamo un po’ per gioco, un po’ per non morire, un po’ a casaccio
e se oggi ritornasse Emanuele Kant
farebbe il tutto esaurito al Brancaccio.

E viene spesso da pensare con un po’ di dispiacere
che ormai non c’è più niente di esclusivo e riservato
e viene voglia di scazzare e anche di dire
che la cultura dovrebbe essere segreta
e che non fa bene spalmata sopra il pane come la marmellata.
E se c’è ancora della gente strana
che ama solo la sua tana
e se ci sono ancora i non socializzati
che fan fatica a prender parte
agli ideali luminosi che gli sono dati
stanateli, stanateli, stanateli da casa
massaie, scuole medie, pensonati, vecchi e bambini
stanateli, stanateli, portateli coi torpedoni
col sacrosanto abbonamento, coi pulmini dei Comuni
con le ambulanze, gli appositi lettini, le seggiole portatili
stanateli, stanateli, stanateli, stanateli
stanateli, stanateli, stanateli, stanateli
stanateli, stanateli, stanateli, stanateli...



Wittgenstein

Eh sì, effettivamente, dobbiamo dire, va detto che negli altri Paesi funziona tutto meglio che qui da noi. Ci vuole anche poco, voglio dire!
È perché gli altri sono più seri. Ecco, si impegnano, fanno sacrifici per migliorare. Perché loro credono nell'organizzazione, nelle responsabilità collettive. Voglio dire, i francesi credono alla Francia, gli americani credono all'America. Ci credono, ecco.
Basta andare all'estero, si respira subito un'altra aria, Anche in Svizzera, per dire!
Eppure mi hanno raccontato un aneddoto curioso, vero pare, e riguarda il famoso Wittgenstein, grande filosofo, grande uomo di cultura, tuttologo.
Ecco, questo Wittgenstein pare che tornasse in treno con il suo assistente, sì, pare che tornasse a casa dopo aver terminato il suo ultimo lavoro, un'opera decisiva, il "Tractatus", che faceva il punto su tutta la filosofia… faceva il punto. Anni di studi, anni di ricerche, anni di saggi, fine del lavoro e meritato riposo. Niente, scompartimento, grande silenzio, a un certo punto pare che il suo assistente abbia chiesto: "Mi scusi, professore, come spiega lei il gesto che fanno gli Italiani?".
Wittgenstein pensa un attimo poi sbianca in viso: "Porca miseria, devo rifare tutto da capo!".
Sì, evidentemente c’era qualcosa che non gli tornava. Non riusciva a capire l'atteggiamento, e nemmeno l'allegria degli italiani, proprio loro così incapaci di organizzarsi, incapaci di far funzionare la vita, incapaci persino di farsi un governo.
Ma Wittgenstein era uno scienziato. Forse avrebbe dovuto andare dall'altra sponda dell'intelligenza per afferrare il mistero dell'incapacità consapevole e sublimata…



Benvenuto il luogo dove

Benvenuto il luogo dove
dove tutto è ironia
il luogo dove c’è la vita e i vari tipi di allegria
dove si nasce, dove si vive sorridendo
dove si soffre senza dar la colpa al mondo.

Benvenuto il luogo delle confusioni
dove i conti non tornano mai
ma non si ha paura delle contraddizioni
benvenuta la vita
che conta solo su se stessa
benvenuto il luogo
dove tanta gente insieme non fa massa.

Benvenuto il luogo dove
non si prende niente sul serio
dove forse c’è il superfluo
e non il necessario
il luogo dove il sentire è più importante
dove malgrado l’ignoranza
tutto è intelligente.

Benvenuto il luogo dove
se un tuo pensiero trova compagnia
probabilmente è già il momento di cambiare idea
dove fascismo e comunismo sono vecchi soprannomi per anziani
dove neanche gli indovini pensano al domani.

Benvenuto il luogo dove
tutto è calcolato e non funziona niente
e per mettersi d’accordo si ruba onestamente
dove non c’è un grande amore per lo Stato
ci si crede poco
e il gusto di sentirsi soli è così antico.

Benvenuto il luogo dove
forse per caso o forse per fortuna
sembra che muoia
e poi non muore mai nemmeno la Laguna.
Un luogo pieno di dialetti strani
di sentimenti quasi sconosciuti
dove i poeti sono nati tutti a Recanati.

Benvenuto il luogo lungo e stretto con attorno il mare
pieno di regioni
come dovrebbero essere tutte le nazioni
magari un po’ per non morire, un po’ per celia
un luogo così assurdo sembra proprio l’Italia.



Cosa non mi sono perso

Non so se ultimamente è successo anche a voi, ma io sto diventando pigro. Ma pigro pigro. Proprio nel senso di uscire la sera, di andare al cinema, a teatro. Per carità.
Purtroppo c’è sempre qualcuno, magari un amico, che ti fa: "Eh no, caro, quello lì non lo puoi proprio perdere". Ahi ahi ahi ahi maledizione, non lo posso perdere. Ma come "non lo posso perdere"? So già che fa schifo, ma scusami! So già che non mi piace per questo e questo. "Ma come?" fa lui "Non l’hai visto, non hai letto niente, come fai a dirlo?". Ed eccomi al cinema. Otto Oscar, la madre, la figlia, i bambini, l’astronauta scemo. Per un po’ si ride, qualcuno. Poi la tragedia. La vita, la morte. Proprio a lei, poverina. La mamma, i bambini, tutti che piangono. Anche l’astronauta diventa buono, un nonno.
In quei momenti vorresti essere dovunque. A casa ammalato, alle corse dei cani, al planetario, al pronto soccorso, dal dentista, dovunque. E invece sono qui, scomodo, non si fuma, otto Oscar, seimila lire, una schifezza, lo sapevo. Che serata!
E Invece ho fatto bene a venirci. Sì. Bisogna saperlo quanto si soffre, bisogna ricordarselo. Perché poi quando non ci vai godi. Non si gode mai abbastanza di quello che si perde, mai.
Ma ti rendi conto? Essere a casa e pensare "questa sera mi sono perso il Machbeth". Che colpo, ragazzi! Venerdì mi perdo La tempesta. Sono già tutto eccitato. Carmelo Bene me lo perdo martedì. No, martedì c’è un film stupendo di Coppola. Ormai devo perdermi quello lì, è fissato. Quando ce n’è due è un po’ un casino. Sabato invece sono a posto: non vado al dibattito sul nucleare. E anche lì me la godo, ragazzi!.
Averlo saputo. Io prima non andavo e basta. Invece è di più, molto di più. Non riuscivo mica a gustarmi così l’idea di non esserci. Ma ti rendi conto? Quando non andavo a vedere Ronconi! Otto ore di godimento, senza intervallo. E che goduria non aver visto Novecento, l’Otello, la Wertmuller, ET, Severino Gazzelloni, Lindsay Kemp. E Lavia? Io quando non vedo Lavia mi sento più buono, come purificato. Ecco cos’è, anche. Non solo godi, ma ti senti più pulito. Una disintossicazione. Tu pensa, sono cinque anni che ogni martedì e ogni venerdì mi perdo J.R. E’ come aver smesso di fumare.
Però attenzione. Sì, attenzione, perchè mi sembra che la situazione purtroppo stia un po’ cambiando, sì. Di queste cose colossali, di questi capolavori – così dicono – tipo "Inferni di cristallo", "Padrini", "Cuculi", questa roba qui, ne fanno sempre meno, e non è neanche così obbligatorio andarci.
Maledetti, mi stanno togliendo il gusto di perdermi le cose con soddisfazione. La gente la sera sta a casa. Non so se gode, ma sta a casa. Nella penombra delle loro stanze, una sigaretta, una poltrona...



Il
Deserto

Fonte luminosa, scena soffusa di magia
sera di televisione
voce sospesa nella mia casa
luce che fa compagnia
ma improvvisamente...
Un po’ d’incertezza fin quando
la mano
si ferma sul telecomando
lo posa lontano
la mente che è ancora presente
si è scelta il suo giusto abbandono, il corpo è sereno
non si è quasi mosso
il cuore si è scelto la sua tenera ipnosi
con tutto se stesso.
Fonte luminosa, scena pervasa di allegria
ma improvvisamente...
E se improvvisamente ti venisse in mente
ti venisse in mente come in un sogno visto dal di fuori
che cosa resterebbe di questo vetro luminoso
se non avesse spettatori.
Se ti venisse da pensare
che per un attimo soltanto non esiste
l’ascoltatore.
E se abbassando l’audio
e fermo sulla bocca del cantante ti venisse in mente
che fuori non c’è più nessuno
che sono tutti morti o andati via
e in tutto il mondo c’è soltanto quella bocca
piena di poesia.
Il deserto, il deserto.
E se improvvisamente ti venisse in mente
ti venisse in mente che quella bocca colorata
gira per le stanze vuote
la grande orchestra è lì che suona
e non si sentono le note.
Se tu vedessi la tua casa vuota
come vista da lontano, sempre più lontano
c’è soltanto la televisione e nei palazzi
nessuno.
Se ti venisse in mente che niente ha resistito
la massa è morta dolcemente e l’individuo
si è addormentato.
Il deserto, il deserto.
L’illogica illusione che la voce si disperda
nel deserto.
La grande sensazione di esser solo insieme a tutti
nel deserto.
C’è solo il grande schermo che va avanti
è una follia di indifferenza e presunzione
non si accorge di parlare a gente assente
a un auditorio di cartone.
La grande bocca non si può fermare, non fa conto dell’assenza
e sfoga, sfoga la furia di abbondanza sempre più vistosa
bisogna far qualcosa, bisogna far qualcosa
trecento ballerini, luci a tutto spiano
gli specchi, la ricchezza e anche lo spreco, il grande sacrificio
l’America che irrompe nelle case vuote
i fuochi d’artificio.
Bisogna far qualcosa, qualsiasi cosa, bisogna dirlo
a quella bocca aperta, mandargli un telegramma urgente.
"Guardate, non c’è più la gente", bisogna dirlo
al grande schermo, ai dirigenti, alla Demoscopea
la gente è andata via, la gente è andata via
è andata tutta via.
Il deserto, il deserto.
L’illogica illusione che la voce si disperda
nel deserto.
La grande sensazione di esser solo insieme a tutti
nel deserto.
E per la prima volta e per noi soli
il sole
è tramontato e poi si è alzato
e si respira e l’aria è fresca
al mio palato.
E per la prima volta e per noi soli
il sole.



Io Se Fossi

Io se fossi la Rai comprerei Berlusconi... tac!
Io se fossi Ornella Muti non parlerei neanche sotto tortura.
Io se fossi Strehler non farei tante scene.
Io se fossi Longo farei finta di niente.
Io se fossi Reagan mi farei scrivere i testi da Woody Allen, che fa più ridere.
Io se fossi La SAUB mi darei malata.
Io se fossi Maurizio Costanzo chiederei quante volte, con chi, anche di dietro, il resto è vita.
Io se fossi Mago Zurlì getterei la maschera e prenderei a calci in culo i bambini dello Zecchino d’Oro.
Io se fossi Jannacci farei un duo.
Io se fossi Cecco Angiolieri vorrei i diritti d’autore.
Io se fossi Dio... l’ho già detto.
Io se fossi Gaber...